Quando la pirateria era made in Italy
La pirateria di oggi, in particolare quella che alligna sulle coste somale e nell'Oceano Indiano, è una frustrante storia di criminalità che fa ciò che vuole grazie ad uno stato fallito (la Somalia) e alla comunità internazionale buonista e imbelle. La legge internazionale ci sarebbe, ad esempio l'articolo 100 della Convenzione dell'ONU sulla legge del mare stabilisce che "tutti gli stati dovranno cooperare fino alle estreme conseguenze nella repressione della pirateria in alto mare e in qualsiasi altro posto al di fuori della giurisdizione di uno stato". In altre parole: le imbarcazioni dei pirati vanno colate a picco e le loro basi a terra vanno distrutte. In realtà soltanto le navi da guerra indiane e cinesi, che affondano senza complimenti i battelli dei malviventi e le loro navi madri, sembrano attenersi a quel dettato. Le missioni delle Organizzazioni internazionali, invece, pattugliano stancamente, sbirciano in giro svogliatamente e sembrano agire in base al motto "ma chi ce la fa fare a cercare guai..."
La Beffa di Buccari
Per l'Italia, che si stava riorganizzando dopo il disastro di Caporetto, l'eco della riuscita nell'impresa fu notevole e rinvigorì lo spirito dei soldati e della popolazione. L'entusiasmo avrebbe raggiunto il culmine pochi mesi dopo con il famoso Volo su Vienna. Dell'avventura della Baia di Buccari resta un libriccino edito nel 1918 dai consueti editori dannunziani, i Fratelli Treves, dal titolo: La Beffa di Buccari - con aggiunti La Canzone del Quarnaro, Il catalogo dei Trenta di Buccari, Il Cartello Manoscritto e Due Carte Marine. Il testo è completato dalle strofe de La Canzone del Quarnaro che, al tempo, ebbe notevole fama.
Gabriele D'Annunzio battezzò Uscocchi i suoi uomini i quali in veloci unità navali, durante l'avventura fiumana, garantivano rifornimenti ai legionari di Ronchi.